Onorevoli Colleghi! - Un autorevolissimo commentatore, allorché la vecchia legge quadro sull'artigianato (legge 25 luglio 1956, n. 860) fu sostituita da quella attualmente in vigore (legge 8 agosto 1985, n. 443) affermò che: «il legislatore ha perso un'ulteriore occasione per risolvere "il più noto dei nostri puzzle legali" e cioè il problema riguardante l'assoggettabilità dell'imprenditore artigiano (individuale e collettivo) allo "statuto" dell'imprenditore commerciale e, in particolare, alle procedure concorsuali».
      Sarebbe difficile rendere con maggiore compiutezza l'importanza che il problema riveste, tanto da un punto di vista economico e legislativo, quanto da un punto di vista più decisamente politico. Non può sfuggire, infatti, l'enorme rilevanza che le attività artigianali rivestono nel tessuto economico della nostra nazione.
      Al fine di eliminare le incertezze interpretative della citata legge quadro n. 443 del 1985, è indispensabile ripristinare, in relazione alla determinazione di artigiano, la dicitura «a tutti gli effetti di legge», già contenuta nella legge quadro abrogata. Tale locuzione farebbe emergere con maggior certezza il fatto che, ottenuta l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane, ne consegue l'esclusione dall'assoggettabilità alle procedure

 

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concorsuali, con una più solida garanzia a favore di soggetti economici di rilievo primario.
      La modifica, infine, dell'articolo 5 della legge quadro n. 443 del 1985, laddove riconosce la natura costitutiva dell'iscrizione all'albo, nel senso di ricollegarvi necessariamente anche la fruizione del privilegio artigiano di cui all'articolo 2751-bis, primo comma, n. 5), del codice civile, costituirebbe la sanzione formale di un principio già sancito da dottrina e giurisprudenza. Secondo queste ultime, infatti, il privilegio spetta a tutti coloro che possono essere definiti artigiani in base alla legge quadro.
 

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